Rientro alla "centomila borracce di ghiaccio" della discesa, con migliaia di persone che scendono nella nevicata per 10 km, le bici che non frenano, mani gelate, Anto col caffè del soccorso alpino e Melk rifugiato in un bar al lago di Landro e un vov caldo con la panna: e stato bello ed emozionante esserci, domani si pedala ancora.
giovedì 30 maggio 2013
tre diavoli al giro 2
Sabato ci svegliamo con un sole incoraggiante, neve sui prati di Villabassa, la giornata ideale per sciare.....ah, no, siamo qui per il Giro. La colazione è abbondante, il menu ciclistico del giorno prevede il recupero di Anto a San Candido, la salita al passo di Santa Croce Comelico (ma chiamamolo Kreuzberg che fa più figo), il tuffo verso Auronzo di Cadore e una lunga risalita verso il Lago di Misurina e le Drei Zinnen dove arriverà la tappa, pesantemente tagliata per neve (addio al Giau soprattutto)
Tabella di marcia apparentemente tranquilla, abbiamo una settantina di km verso Misurina dai nostri calcoli approssimati: ciclabile tranquilla fino a San Candido, fotina in piazza,
salita verso Sexten: via via che saliamo il cielo si oscura, quando la salita inizia a farsi seria ci troviamo in mezzo a una nevicata, neve ai lati della strada e temperatura in brusco calo. Non ci lasciamo intimorire e affrontiamo con calma la prima asperità di giornata, in un silenzio quasi irreale: passa qualche macchina diretta a Dobbiaco, quasi nessuno dalla nostra parte.
Al passo ci fotografa un turista berlinese, scherziamo sul bel sole italiano e ci lanciamo prudentemente in una discesa ripida e tortuosa nel bosco.
La neve, una cascata al lato della strada, l'atmosfera irreale per una pedalata di fine maggio ci incoraggiano a scendere piano.
Raggiungiamo Palode, Melk in pieno trip positivo inizia a parlare di quanto qui i ciclisti siano rispettati, evocando l'ira del dio degli automobilisti stronzi: 30 secondi dopo una rinco svolta last minute su una laterale tagliando la strada ad Anto e urtandogli la ruota: per fortuna niente caduta e nessun danno ma per la prima volta in 6 anni vedo "Gandhi" Anto incazzarsi e lanciarsi in un infruttuoso inseguimento ("volevo solo farle capire che poteva sbilanciarmi, dirà successivamente"). Surprise surprise, il Cadore ci offre, solamente per noi, il passo S.Antonio, sfuggito al nostro occhio ebbro mentre studiavamo il percorso a tavola su una mappa 1:1.000.000. Passetto solo apparentemente innocuo, con un paio di drittoni al 10 % e rotti che affrontiamo con tranquillità: sto iniziando a ricordare dettagli sulla mia unica salita (in mtb) alle Tre Cime e uno storico resoconto del Gallus con sviluppi metrici del 34*28 soste tecniche e gel ad assorbimento rapido come unica tecnica per arrivare vivi in vetta: nel dubbio, risparmiamo le forze. Al passo, sguardo al Lago di S.Anna e tuffo verso gli 850 m di Auronzo di Cadore.
Le cime innevate si specchiano nel lago, cerchiamo un baretto panoramico ma ripieghiamo su un'accogliente paninoteca del centro con ottima selezione musicale di classic rock: cioccolata calda e panino, un caffè e ci riavviamo con calma. Ci aspettano 900 m di salita fino al lago di Misurina e poi, se il tempo regge, la battaglia per salire alle Tre Cime. Anto realizza che ce la siamo presa troppo calma, sbaglia il conteggio dei km e decide che il tempo stringe piantando un ritmo sostenuto in salita: andiamo insieme per qualche km, poi con Melk decidiamo di andare più tranquilli. Per strada non c'è quasi nessuno, poi addirittura la polizia blocca le auto (si sale solo con le navette) e abbiamo la strada tutta per noi. Passiamo nel bosco accanto a montagne meravigliose su una strada tutta per noi: irreale ed emozionante, se non fosse per qualche drittone al 12%.
Intanto il tempo peggiora rapidamente e inizia a nevischiare, affrontiamo qualche tornante ed entriamo sul percorso di gara al bivio per Misurina: lo scenario cambia, per 2 km siamo in salita di nuovo con la neve a bordo strada, i primi tifosi e altri ciclisti che stanno salendo da Dobbiaco o Cortina senza essersi girati come noi mezzo Cadore. Arriviamo rapidamente al lago e piombiamo in uno scenario in parte fantastico, con il lago, l'albergo di fine 800 e le cime innevate, in parte da fiera paesana: c'è un pieno di spettatori, camper, qualche stand, altoparlanti. Ci sorpassa la carovana del giro, una sequela di maxisuv pubblicitari con reggaccio a palla, più indicato per un festone in spiaggia che per la tormenta che ormai infuria. Superiamo in qualche modo l'ingorgo di mezzi curiosi e animatori e attacchiamo la salita, nel primo tratto duro ma affrontabile: il problema è trovare spazio tra chi sale a piedi, chi sta bivaccando attaccato a boccione di vino da 5 l. La strada rimane pulita, l'unico problema adesso è superare la salita: il piccolo dettaglio del 39 25 non mi lascia tranquillo, ci guardiamo con Melk e decidiamo di andare ognuno del suo, sarà una lotta: il primo tratto di 2 km è duro ma fattibile, qualche battuta di incoraggiamento, qualche invito a usare le energie per trombare (rispondo col classicissimo "tu sorella" e continuo a spingere). Riesco a scambiare 2 battute con un ciclista inglese e il suo amico neozelandese, entusiasti dello spettacolo e quasi contenti della tregenda di neve che ci sta cadendo addosso: se portiamo la pelle in cima sarà qualcosa da raccontare: eccoci al tratto di discesa, ultima occasione per rifiatare, poi iniziano i 3 km più difficili: l'inglese e il kiwi scelgono lo stop and go, 100/200 metri a tutta e poi una sosta, scelgo di spingere da seduto con qualche rilancio sui pedali. C'è sempre più gente ai lati, un genio decide di darmi una spinta decisamente maldestra e mi sbilancia, smanaccio e rilancio per tenermi in piedi: sono al limite, sto reggendo per orgoglio e basta, vorrei una compact e un pignone da 28: il riferimento ogni 100 metri aiuta, ai 2 km la strada si impenna ancora di più e la neve aumenta: i riferimenti diventano l'alpino a lato strada, il botteghino più avanti: becco una spinta buona per un paio di metri, poi il tipo mi dice che si sta preparando per spingere Cavendish: 1 km, l'ultimo, le curve e sempre più gente, sorpasso l'inglese e il neozelandese fermi a rifiatare, spingo ancora, 300 m e l'ultima curva, ci siamo, è fatta,siamo in cima.
Raggiungo Anto dietro le transenne, mi copro e ascoltiamo gli aggiornamenti degli speaker da radiocorsa: la fuga si sta sciogliendo, Capecchi avanti e poi Pirazzi e Weening, stanno imboccando la salita, il gruppo maglia rosa rimpicciolisce. Poi il momento che tutti attendevano: Nibali scatta, impazziamo tutti, annunciano i 20 secondi di vantaggio, arrivano le auto dell'organizzazione, poi dalla tormenta spunta lo Squalo in maglia rosa, sta spingendo ancora, ci passa accanto rilancia e va a trionfare. I 19 secondi che da al bambino Duarte sembrano eterni. C'è un incoraggiamento per tutti, piu caldo per Scarponi che resiste al gelo e per Evans che si e difeso a mozzichi, per Pozzovivo con una vistosa benda, per i gruppetti che arrivano alla spicciolata, coi velocisti spinti per dal pubblico fino alle transenne. Sacha Modo lo sale per ultimo col mio stesso stile, sembra finito con l'ammiraglia accanto a sostenerlo, ma domani sarà l'unico a impensierire Caveman a Brescia.
Tre diavoli al Giro
3 giorni attaccati ai siti meteo, deliri su whatsapp per scegliere bagagli vestiario ed equipaggiamento, l'attesa della partenza come quando da ragazzino partivi per il campeggio, alle 10 di sera siamo a Termini:
smontiamo le bici e le impacchetttiamo nelle sacche da viaggio testè cucite dal nostro sarto di fiducia, saliamo a bordo e cerchiamo una sistemazione. La situazione sembra critica ma un controllore ci salva, dandoci uno scompartimento dove chiuderle. Lo benediciamo e ci prepariamo alla lunga notte per Bolzano, con 2 compagni improbabili, gente che vale il biglietto. Un pischello con bici a 2 piani che ci introdurrà alla vita e al market model della giocoleria di strada, prima di essere espulso quando prova a estrarre un improbabile basso a 3 corde, un culturista molisano in viaggio per comprare auto da rivendere al paese, preoccupatissimo per una storia tesa di autovelox a Valmontone.
Mentre Anto aka il fachiro Casimiro si immerge in 8 ore filate di sonno profondo, io e Melk dormiamo a intervalli sognando lussuosi wagon lits
Bolzano/Bozen: stazione linda, cielo coperto, rimontiamo con calma le ruote, arrotoliamo le sacche, seguiamo la ciclabile per Piazza Walther e ci concediamo una lauta colazione allo Stadt Cafe di Piazza Walther.
Poi si parte, ciclabile direzione Merano, qualche dubbio ai primi bivi (troppe ciclabili...), poi inizia a piovere con serietà tirolese: pedaliamo lungo l'Adige con un pò di preoccupazione, le previsioni più fosche sembrano avverarsi, abbiamo ogni possibile antipioggia ma....riusciamo a martoriarci per un'ora, poi rallenta e smette, proseguiamo di buona lena lungo il fiume e raggiungiamo Merano.
Il cielo sulle montagne è preoccupante, ma ormai ci siamo, imbocchiamo la Val Venosta: cic
labile perfetta, segnalazioni di dislivelli e tornanti numerati, anche col maltempo gruppi di cicloturisti stranieri attrezzatissimi scendono verso Sud. Sembra che siamo gli unici a salire: ci aspettano una trentina di km verso Silandro, poi si attacca la Val Martello. Le montagne intorno sono spettacolari, ci supera un gruppetto di ciclisti scesi da un camper, poi ne incrociamo un altro che ci da la notizia: tappa annullata, il Tonale impraticabile.
Meglio, vuoi mettere arrivare dove il Giro non è riuscito ad arrivare? All'attacco della valle c'è l'albergo della Lampre: i ciclisti sono dentro a fare i rulli,solo Stortoni esce a farsi una sgambata, i meccanici lavorano, un gruppetto di appassionati curiosa: sono gentilissimi, Fabrizio Bontempi ci regala le borracce di te caldo che avevano preparato per la tappa, Saronni si ferma a fare una foto con noi e ci spiega le modifiche al tracciato di domani.
Ormai ci siamo, decidiamo di salire finchè la strada è praticabile. La salita è dura ma irregolare, farla con i bagagli non è il massimo ma saliamo tranquillamente: sulla strada solo qualche macchina dell'organizzazione e qualche ciclista che scende, a lato strada campi e 2 alpaca
Quando inizia a nevicare decidiamo di continuare, l'atmosfera è irreale, il Cevedale è li vicino ma non lo vediamo: di arrivare in cima non se ne parla (sono 21 km, all'ottavo è già bufera)
Vorremmo arrivare al lago ma ci fermiamo ai primi paravalanghe, qualche foto che agevoliamo qui al nostro gradito pubblico, fiatate calde nei guanti e giù a palla di cannone verso la valle e Merano: aribici nelle sacche, treno di pendolari fino alla Val Pusteria, domani è un'altro giorno, tocca alle Dreizinnen
giovedì 23 maggio 2013
La mia prima Nove Colli
Il mio esordio alla 9colli non è iniziato per il meglio. Venerdì mattina mi sveglio con un occhio tumefatto unitamente al mega raffreddore che già da tre giorni mi perseguitava. L'occhio mi dava un fastidio micidiale, completamente rosso-giallastro non riuscivo a tenerlo aperto e la cosa peggiorava in condizioni di forte luce e vento e questo nel ciclismo è un problema non da poco. Quindi non c'era altra soluzione che...fottersene. Arrivo a Cesenatico venerdì in serata e appena lasciata l'autostrada si contano più ciclisti che macchine e avvicinandomi al lungomare il traffico di bici da corsa era impressionante. Ricca cena e ricca dormita dopodichè dato che l'occhio nonostante la pomata continuava a darmi problemi invece di andare a sgambare mi sono spaparanzato in spiaggia (evvabbè) aspettando l'ora di pranzo per fare il carico di glicogeno (si dice così quando uno vuole magnà), mentre tutti gli altri ciclisti che affollavano il mio albergo si azzuffavano davanti al buffet delle insalate. Che tristezza. Nel pomeriggio mi raggiungono Vittorio, Carlo e Gianni e mi portano alla fiera. C'era di tutto, dal lavaggio bici al biomeccanico e una serie di stand che vendevano a prezzi da rapina tanto che ho faticato per trovare un paio di guantini a un prezzo normale. Comunque uno spettacolo tutte quelle bici e tante persone, alcune di loro gnocche. Alcuni avevano già indossato il pettorale e immagino anche il chip a questo punto. In un bar incontriamo Savoldelli e Vittorio e Gianni sfoggiando una delle migliori facce da culo riescono a strappargli una foto insieme.
L'atmosfera è fantastica, il sabato sera con l'arrivo degli ultimi ciclisti non c'è spazio per altro, si sentono cuscinetti ticchettare ad ogni angolo.
Inizia la sfida più grande : la sveglia alle 4:30. Vado a fare colazione putrido così come ero andato a dormire e mi faccio un caffè doppio e un cornetto, per le mie abitudini è pure troppo. Risalgo in camera per sganciare e vestirmi (il tutto rigorosamente al buio per non svegliare la family), esco con la bici dalla stanza e...cazzo inizia da qui la griglia ??? Le scale e la hall erano intasate da bici e ciclisti. Mi presento alle 5:20 all'appuntamento sul lungomare e vedo sfilare centinaia di bici, che spettacolo un alba così.
Incontro Vittorio che mi racconta di una notte di svomitazzate e di una tentata rinuncia prontamente sventata da Gianni e Carlo, il mio occhio invece è migliorato ma sento segnali addominali non proprio rassicuranti e che stavo sottovalutando. Difatti mentre ero in griglia (la gialla) a cazzeggiare con gli amici si materializza l'incubo del ciclista: La Sbratta !!! Tento di ignorarla ma le puncicate sono troppo insistenti e dopo avere troppo indugiato vedo un cesso chimico, lancio la bici addosso ad un albero e mi ci fiondo. Il risultato mi appaga ma inizio a sentire rumore di tacchette che si agganciano, cazzo si parte ! Mi fiondo di fuori mezzo ignudo e raggiungo gli altri che mi stavano aspettando (e maledicendo) e salgo in sella con una leggerezza d'animo e di corpo mai provata, ogni malanno è scomparso c'è solo adrenalina.
Quando passi sopra il tappetino ti senti come il giorno che sei andato a vedere i quadri a scuola e sei stato promosso. Da li inizia la discesa e l'unico problema era il vento laterale fortissimo che ci ha frustato per tutto il tempo ma ormai era fatta ed è bastato rimanere nei gruppi che raggiungi o ti passano e ti portano all'arrivo. L'ingresso a Cesenatico è commovente e il rettilineo finale tra ali folla urlante è la materializzazione di quel piccolo sogno che facciamo ogni volta che vediamo i nostri beniamini passare sotto il traguardo, ma a noi della classifica non ce ne importa niente siamo già appagati dall'esserci. A testimonianza di questo Vittorio e io in un impeto di euforia abbiamo rischiato lo schianto sul traguardo nell'abbracciarci.
Il meritato premio: Risotto alla pescatora, Fusilli alla boscaiola, Maccheroncini al ragù, Piadina con salsiccia e pagnottella alla mortazza per mandare giù il terzo boccale di vino, quello per inzupparci i dolcetti per intendersi. Ah e ci hanno dato pure una medaglia (non da mangiare però).
Le pagelle :
Gianni – Biciingiro: 7 (annate...corete...fatecomecazzoveparemanonmerompetelicojoni) Premio Un Uomo tutto d'un pezzo.
Vittorio – Vrosso : 8 (Vengo, non vengo, anzi vengo ma me ne sto in disparte, anzi non vengo, ok vengo) Premio miglior Conato 2013.
Carlo – Lentomatosto : 8 (più piano...non più veloce...nun je la faccio...ciò li crampi...lasciatemi qui..) Premio Chiagni & Fotti.
martedì 14 maggio 2013
Randonée di Capistrello 200km
Lotar mi guarda e fa un “arf” interrogativo: nella lingua di un Cane pastore dell’Asia Centrale sta chiedendo: “ checazzocifaunovestitodaciclis taconlescarpeinmanoalle6dimatt ina? neldubbiononlolasciousciredalc ampeggio”
AfrBaurrrrrgghhhhArf
AfrBaurrrrrgghhhhArf
Guardo Lotar: guardo le montagne e la cascata di zompo lo schioppo illuminata dal primo sole, impugno la bici, prego che
Lotar mantenga un certo distacco, faccio due passi
ArffffBaubaubauArfbau (“neno,
quercosobuffodecarboniomelomag nocomeantipasto”)
Il padrone del campeggio esce e richiama
Lotar, io passo sorridendo “simpaticissimo Lotar, non doveva preoccuparsi” , monto in bici con la miglior nonchalance e mi do alla fuga
Sono le 6 e 10, sono a Morino, la rando di Capistrello parte come da nome a Capistrello che dista 19 km dal campeggio: negli ultimi briefing con Nic Melk e Anto mi sono venduto un appuntamento alle 6,40: la vecchia statale Sora-Avezzano è vuota, bella ma tragicamente in leggera ma costante salita: arrivo alla partenza trafelato alle 7, mi iscrivo, i Diavoli arrivano anche loro dopo aver svuotato il buffet colazione dell’Hotel De Meis
Prima di partire Sergio ci chiede di entrare nel
Diavolo Rosso: supera la prova d’ammissione alla squadra facendo
crollare sul marciapiede la sua bici e la Pinarello di
Nic, che mantiene un distacco anglosassone: ok Sergio, welcome to the team, lo stile è quello giusto
Il menu del giorno prevede 200 km tra Marsica e
Parco Nazionale d’Abruzzo, 3000 m di dislivello e panorami splendidi. Un
centinaio i ciclisti al via, giusto omaggio allo sforzo organizzativo
di Rolando e dell’Audax
Capistrello. Si va dal randonneur esperto a granfondisti
con le ruote in carbonio. Al via anche due tandem con atlete non
vedenti, che faranno trenate incredibili nei tratti in piano e discese
da brividi.
L’idea è di andare insieme fino al controllo di
Pescina per poi trovare ognuno il suo passo in salita: ci godiamo la
tranquillità della piana e la maestà delle montagne intorno, cazzeggiamo
il giusto, Sergio e Anto si scoprono quasi
compaesani. Cappuccino e cornetto e infiliamo la Valle del Giovenco
con una trentina di altri ciclisti i o meno affiatati: il gruppo si
sgrana quando inizia la prima grossa salita di giornata, che ci porterà
ai 1200 m dell’Olmo di
Bobbi: strada senz’auto, bei panorami, pale eoliche.
Nic si mette in modalità randonneur-baronetto. La gamba gira bene, qualche foto al passo e ci lanciamo in discesa verso Cocullo e Anversa degli Abruzzi:
vediamo per la prima volta sfrecciare il tandem di Rolando e Lucia, in due curve disegnate alla
Nibali li perdiamo di vista.
Anversa degli Abruzzi è la porta di accesso alle
gole del Sagittario, strada stretta tra le gole e dominata dal nido
d’aquila di Castrovalva (“c’è una strada che ci arriva, dura e stretta
tra le rupi, passa una galleria scavata nella roccia
e sei paese” mi dice Rolando), l’acqua nelle gole e poi nel lago
di Scanno è altissima, pedaliamo tranquilli ma a un’ottima andatura: a
Scanno qualcuno si ferma al bar, noi decidiamo di tirare dritto cercando
una fontanella che ci hanno indicato“ a 500 m sulla strada per
Passo Godi”: dopo molti km, arsi dalla sete, arriviamo
alla statua di GPII e finalmente riempiamo le borracce: la salita di
Passo Godi è lunga ma molto pedalabile, aperta su una vallata molto
ampia prima di impennarsi brevemente tra
gli alberi
Arriviamo su bene, tentando anche lo sprint per il
GPM. Al rifugio del Passo ci rifocilliamo, incrociamo gli altri ciclisti
(tra loro Marco Spak64, altra colonna dei ciclomobilisti sportivi) e
Sergio che ha fatto il tragico errore di seguire il leggendario signor
Nunziato, randonneur di 78 anni e vera "roccia d'Abruzzo" che abbiamo
visto in azione alla Rae: Sergio mi confessa che non riuscendo a tenerlo
sulla salita del passo ha usato l'escamotage di farlo chiacchierare per
rallentarlo.
Panino e cola e siamo pronti alla discesa verso
Villetta Barrea, rapida e con alcuni tornanti tecnici: bellissimo tuffo
verso il cuore del Parco Nazionale, funestata da un paesano che stringe
Fabio strombazzando, sorpassa me in una curva stretta e fa il pelo al
gruppetto che è subito davanti a noi.
Smadonnato il giusto, attraversiamo Villetta
Barrea: mi fermo per riempire una borraccia e sentire la famiglia (a
spasso per i monti) e perdo il gruppo: ne approfitto per qualche km in
solitaria nella strada del parco. Prima della Val Fondillo raggiungo il
gruppo che pedala in fila perfetta, dando anche qualche cambio avanti:
uno sguardo verso Opi e attacchiamo la salita di Forca d'Acero: il
gruppo esplode, ognuno alla sua andatura, questa è l'ultima salita
impegnativa prima del tuffo verso Sora. Gli ultimi km della salita sono
meravigliosi, nel bosco fittissimo ancora pieno di neve. Il tempo in
qualche modo sta tenendo.
A Forca d'Acero
ristoro e controllo a sorpresa, trionfo di crostata, foto a gogo e
aggiornamenti su whatsapp con Nic che, dopo aver svuotato tutte le
pasticcerie di Scanno, ha raggiunto Passo Godi.
Ci tuffiamo verso Sora, 30 km di picchiata
inebriante con la strada a balcone sulla Val Comino e, soprattutto,
senz'auto (ci supererà solo un vespino smarmittato): unica
preoccupazione, l'inteminabile falsopiano da Sora a Capistrello,
servirebbe un bel passistone cui succhiare la ruota: bingo, passa il
tandem di Rolando e Lucia, un treno perfetto al ritmo giusto. Ormai
pregustiamo il pasta party quando arriva l'immancabile foratura di Melk:
cambio camera d'aria, colluttazione con la pompa, seconda colluttazione
con una Zefal difettosa, preghiera del ciclista e ripartiamo verso il
meritato trionfo di pasta, birra e crostata di Capistrello.
lunedì 6 maggio 2013
Randonée Roma - San Benedetto
La roma-san
benedetto organizzata da cicli franchi è una tradizione da non
mancare, per il fascino della traversata e per l'occhio sicuro con
cui la signora Iole controlla che tutto giri bene: quest'anno
partecipiamo in 6
Nic
(ginocchio da registrare) e Marco Tenghe (alla prima uscita
impegnativa ) hanno pianificato di abbreviare, lasciandoci a Rieti e
prendendo un treno da Terni
Per me Melk
Lewis e Alfettone il menu prevede invece di lasciare il percorso
prima di Arquata del Tronto, salire ai Monti Sibillini per Forca
Canapine e riprendere un treno da Spoleto o Terni.
Pronti alla
partenza alle 7, mi presento per la prima volta puntuale con bici
pulita e in ordine, e Garmin montato; il ruolo di Paperoga for a day
se lo prende invece Melk, con bici grattata nell'uscita precedente,
quarto d'ora di ritardo, postumi di stravizi di ogni tipo e postura
esistenzialista: tra l'altro non parla, si limita a brevi monologhi
di autoflagellazione ispirati al periodo pessimista di Ian Curtis. A
noi si unisce Rosario71 del forum, con un mix di entusiasmo
napoletano e gioia dell'esordiente che ci terrà di buon umore.
Partiamo subito
a buon ritmo, con Lewis che mette in fila un bel treno per uscire
quanto prima dagli ignobili km iniziali della Salaria. Un chiodo lo
ferma per una foratura, prima sosta cambio camera d'aria e ripartenza
a tutta per recuperare il tempo perso: agganciamo il gruppone del
Petit Velo e lo teniamo fino all'inizio della salita di Ornano): qui
Lewis Alfettone e Marco procedono, Nic si mette in energy saving,
Melk inizia a penare e meditare sull'importanza del fare vita
d'atleta: troviamo un ciclista di ladispoli abbandonato dai compagni
ein qualche modo facciamo gruppetto ad elastico fino alla svolta per
Rieti e il primo ristoro
Qui ci
raggruppiamo, sbraniamo quantità impensabili di cornetti e banane,
salutiamo Marco Tenghe (che rientrerà a Roma con Nic, 160 km totali,
complimenti ragazzi anche se non vi invidio la Salaria) e ripartiamo.
Dopo poco
Alfettone buca e si ferma con Lewis, io e Melk ci avvantaggiamo visto
che stiamo andando più lenti: la sfiga altrui e la strada
molto più bella aiutano Melk a ripigliarsi (si passano le Terme di
Cotilia e le gole di Antrodoco per poi deviare sulla Salaria Vecchia
completamente prima di traffico)
Siamo quasi a
Posta quando ci ricompattiamo: Alfettone si è aperto un dito nella
colluttazione con una pompa recalcitrante e dovrà farsi medicare;
noi possiamo dedicarci alla leggendaria pizza del ristoro di Posta.
Ripartiamo,
scolliniamo a Turrita sempre attraversando strade praticamente senza
auto e ci lanciamo in discesa verso Accumoli: un colpo d'occhio al
Lago di Scanderello e ai monti della Laga, poi volatone per il
meritato piatto di pasta.
Fabrizio
Franchi al mestolo, la signora Iole controlla che tutto fili liscio,
Lewis arraffa una boccia di vino, anche il nostro Wiggo fa i suoi
strappi alle regole: Melk ormai rinato, Alfettone inizia a farsi i
conti per il rientro e inizia a manifestarsi lo spettro di treni
persi e cazziatoni a casa: ripartiamo salutando tutti: per Rosario71
e gli altri 80 km facili per piombare ad Ascoli e San Benedetto, per
noi sta per iniziare il rock'n roll.
Imbocchiamo la
Salaria Vecchia, a parte un autobus non incontreremo veicoli fino ai
1540 m di Forca Canapine: il ritmo è decente ma Alfettone è sempre
più irrequieto e inizia una cronometro di 80 km con Lewis, dopo aver
maledetto più volte Trenitalia, il nostro allegro planning e la
nostra nonchalance verso il suo dramma familiare.
Anche io e Melk
saliamo di buon passo, la salita è costantemente tra il 6 e l'8 % e
il panorama bellissimo: salgo tranquillo spippettando il Garmin, tra
VAM pendenze e velocità istantanee. Al passo rapida foto, sguardo
sui Sibillini, ci ripromettiamo un giro della gran via del Parco e ci
lanciamo nella lunga ed esilarante discesa verso Norcia: niente auto
anche qui, fondo abbastanza buono e tracciato filante invogliano a
spingere, lanciando qualche sguardo al panorama: in pochissimo siamo
a Norcia, e inizia il dibattito Spoleto-Terni: Spoleto vuol dire 16
km di meno ma 8 km di salita e meno treni, per Terni c'è solo
una lunga cavalcata lungo la Valnerina e qualche treno in più:
restiamo in dubbio fino al bivio di Spoleto, dove decidiamo di tirare
dritti, tirando fino a Ferentillo: strada bellissima, purtroppo
qualche galleria buia e un solo led. Siamo oltre i 220 km quando
decidiamo che ormai il treno è andata e riprendiamo un ritmo più
tranquillo, ci godiamo lo spettacolo delle Marmore e arriviamo in
stazione con 5 minuti di ritardo sull'Intercity su cui sono saliti
Ale e Lewis, nascondendo in qualche modo le bici ai controllori,
Chiudiamo la
giornata nei locali del centro di Terni: mega cono gelato (panna
sotto e sopra, come i bambini) e reintegro sali con una birra
alla spina
E adesso tutti
pronti per il 12 maggio: il grande Rolando Orsomars ci aspetta a
Capistrello per lo splendido 200 di Capistrello
Stei tiuned
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venerdì 3 maggio 2013
Primo Maggio a Rocca Massima
Aspettando il giovane Jack O'Lucci, nel pianificare il giro delle 3
rocce, decido che il primo maggio vado alla scoperta solitaria di Rocca
Massima.
Partenza verso le 8 direzione castelli. Alla fine della Papalina incontro Antonello il quale con me farà parte della strada fino ai Pratoni del Vivaro. All'ultimo incrocio saluto la mia breve compagnia e mi dirigo verso Colleferro fino a Segni. Da Segni si sale su verso rocca massima, una salita con lievi strappi in un fitto bosco con pochissimo traffico. Qualche barbecue sparso nelle aree sosta fino ad arrivare al punto più' alto.
Dove trovo con piacere una locanda locale che mi sfama con focaccia al prosciutto appena fatta. Da li in poi discesa fino a casa. 150km per 2000mt di dislivello.
Partenza verso le 8 direzione castelli. Alla fine della Papalina incontro Antonello il quale con me farà parte della strada fino ai Pratoni del Vivaro. All'ultimo incrocio saluto la mia breve compagnia e mi dirigo verso Colleferro fino a Segni. Da Segni si sale su verso rocca massima, una salita con lievi strappi in un fitto bosco con pochissimo traffico. Qualche barbecue sparso nelle aree sosta fino ad arrivare al punto più' alto.
Dove trovo con piacere una locanda locale che mi sfama con focaccia al prosciutto appena fatta. Da li in poi discesa fino a casa. 150km per 2000mt di dislivello.
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