giovedì 28 novembre 2013

       La Fava Sabrina      




Per quanto possa sembrare strano la Sabina ha una tradizione gastronomica legata alla cucina del pesce che non ci si aspetterebbe. La Sagra del Pesce di Poggio S.Lorenzo e quella del Polentone al sugo di baccalà di Castel di Tora non sono che due piccoli esempi. Difatti moltissimi ristoranti, oltre al consueto menù di terra offrono un menù di pesce nondimeno ricco. Il Diavolo Rosso questo lo sa. 
Partenza quindi con il regionale 22011, tutti in carrozza appassionatamente. 
Nel pieno rispetto del sentimento anarchico del gruppo :
Paolo -------> 

sale sul primo vagone,
Nic ------> 
a metà treno,
Melk ------> 
sull'ultimo vagone dove incontrerà l'ultimo partecipante 
Alfettone -----> 

Il giro democraticamente deciso prevede : Passo Corese, Nazzano, Poggio Mirteto scalo, Castelnuovo di Farfa, Osteria Nuova e arrivo al ristorante "Ristorante" di Borgo Quinzio sulla Salaria vecchia. 
Costeggiamo quindi ad andatura moderata la Riserva naturale Tevere-Farfa tra dolci saliscendi e affrontiamo con calma la lunga salita di Castelnuovo, finchè due pastori abbruzzesi incazzatissimi decidono di farci aumentare il ritmo. 
Al bivio di Poggio Nativo il Demone Rosso ci dice di tentare una nuova e inesplorata via. 
Attraversiamo il piccolo paese e ci buttiamo in discesa in una stradina tra i boschi. La discesa al 20% è un tragico presagio della salita che ci aspetta, anche questa al 20%. Le ruote scivolano sull'asfalto bagnato e ci costringono a rimanere in sella e affrontare stoicamente questa rampa di circa un km.
Ne usciamo ovviamente vincitori e con la giusta dose di appetito. 
Ci dirigiamo sulla Salaria vecchia dove incontriamo Giancarlo diretto a Rietì. Opportuni e calorosi saluti tra noi e ci rassicura sulla funzionalità del ristorante, quindi riprendiamo con brio questa volta, la meta è vicina.
Finalmente giunti, dato che la temperatura era mite e il nostro abbigliamento adeguato (tenuta semi estiva il 17 novembre) optiamo per il tavolo all'esterno baciato dal sole a fianco delle nostre specialissime. 
La scelta del menù non è semplice ma sono cose su cui è difficile litigare: 
  1. Insalata di mare 
  2. Soutè di cozze
  3. Frittura di moscardini
  4. Tonnarelli con mezzo astice
  5. Frittura mista di totani, calamari e paranza. 
L'attesa non è lunga ma già prima dell'antipasto ci eravamo sparati un litrozzo di vino locale, altre due brocche e generose dosi di amaro\grappa\liquorino completano il pasto.
A quel punto le gambe sono pesanti e lo sterzo paurosamente leggero, dobbiamo fare solo 6 km di discesa per tornare alla stazione ma ci rendiamo conto che occorre una accortezza particolare per evitare di finire per terra. 
Il clima è euforico, le difese di Paolo che si era contenuto nei beveraggi sono crollate di fronte ad un liquore ai frutti di bosco e quando una signora in attesa del treno ci vede e riconosce in noi la medesima passione del proprio figliolo, Paolo getta la maschera e si dichiara ufficialmente ubriaco fradicio coinvolgendo anche noi nella medesima situazione. La signora cambia espressione e si rifugia in una carrozza molto distante. 
Il ritorno in treno è a tutta chiacchiera e cazzeggio, occorre solo mantenere sveglio Nic per evitare che salti la sua fermata e finisca a Ponte Galeria senza più bici ed effetti personali. 
A questa pedalata+magnata ne seguiranno altre a beneficio degli assenti (giustificati) e di tutti noi. 
  

lunedì 1 luglio 2013

La Yerevan-Ararat dell'Appennino


Se fossimo in Armenia sarebbe stato questo il giro di ieri ma trovandoci nel Lazio ci dobbiamo "accontentare" di una Roma-Terminillo non meno impegnativa. 
Puntuale all'appuntamento sotto al ponte dell'Olimpica alle 7 vedo sfilare alcuni dei partecipanti all'impresa organizzata da Team2001, tra questi Antonello e con lui e un gruppetto partiamo alla volta di Rieti scortati dall'ammiraglia del gruppo. 






Fino a Rieti a passeggiata sgranati in diversi gruppetti e la salita ognuno del passo proprio. Difatti mi sono subito staccato e ho approcciato la salita con timore e deferenza, poi trovato il ritmo ho ripreso e superato il gruppetto con cui ero partito da Vazia. Dopo Pian de Rosce sono iniziate le visioni mistiche, mi girava la testa e avevo conati di vomito, forse per l'altitudine, ma a parte questo trascurabile malessere  ho proseguito rallentando progressivamente all'aumentare della quota. A Campoforogna ho proseguito senza indugi per la Sella e i primi km di pianura col fresco e controvento mi hanno fatto venire i crampi, sugli ultimi tornati ero un "dead man riding" in stato di totale incoscienza e in preda a ogni genere di malessere. Arrivato in cima e messo il piede a terra non avevo più i crampi....era nà paralisi !!!
Per fortuna poco dopo mi ha raggiunto Antonello e mi ha dato assistenza di primo soccorso prima di congedarsi per tornare con dei suoi amici alpinisti. 
Mi butto in discesa verso il ristorante dove trovo tutti carini, docciati e pettinati. Non sapevo che c'erano le docce ed ero l'unico fetido della tavolata. Quasi tutti avevano girato a Campoforogna e altri si erano fermati direttamente al ristorante. 
Ricchi antipasti, due primi e due secondi tra cui uno stinchetto alle erbe davvero indimenticabile.Il tutto annaffiato da un considerevole numero di brocche di vino.  
Per me al ritorno niente pullman GT-air-conditioned-LCD poichè avendo chiesto di farmi lasciare a prati fiscali sono tornato col pullmino dell'ospedale in compagnia del Presidente e del vice. Credo non abbia mai messo la quarta, un continuo di accelerazioni e frenate con conseguenti facciate sugli schienali davanti e cappottamenti su quelli posteriori. Comunque sono arrivato sano e salvo e mi sento di ringraziarli per la loro cortesia e disponibilità.


mercoledì 26 giugno 2013

L'Aquila - Campo Imperatore - Celano - Roma

Il giorno seguente i diavoli sono pronti per salire a Campo Imperatore, la giornata è bellissima e la temperatura è gradevole e le preoccupazioni per lo stato delle nostre coperture (mie e doriziane) è alto. Riusciremo a fare i 160km che ci separano dal treno alle 16:25 da Tagliacozzo?
Subito ci dirigiamo verso Assergi (860 metri s.l.m.) e poi verso Fonte Cerreto (1125 metri s.l.m.) (scusa Cardarè se abbiamo ignorato il tuo consiglio di passare per Filtetto, sarà per la prossima volta ndr.) passiamo la cabinovia e iniziamo a salire al fresco dei faggi. La strada si inerpica e pian piano gli alberi scompaiono lasciandoci gustare i paesaggi del Gran Sasso.
Arriamo su nel piccolo Tibet uno dei posti a me più cari, più o meno ho giracchiato e sciato su tutti questi monti, Brancastello, Torri di Casanova, Prena, Camicia e il Gran Sasso che con i suoi 2912mt rappresenta la cima più elevata dell'Appennino Centrale. Queste zone sono state il teatro di film come Ladyhawke, The American Di Clooney e il più recente Orizzonte degli eventi di Valerio Mastrandrea.

La salita a Campo Imperatore è sempre dura data la quota intorno ai 2000 metri e gli ultimi tornanti presentano ancora alcuni metri di neve nonostante siamo a giugno inoltrato. La salita presenta un dislivello totale di 1360 metri con pendenze tra 4% e 7% nel primo tratto e 10%-12% negli ultimi 6km. Nel 1999 arrivò per primo da Pescara il grande Marco Pantani, 253km che un giorno potremo ripercorrere.
Arrivati al piazzale troviamo un ritrovo degli alpini con messa incorporata presso la Madonna della Neve (2138 metri s.l.m.). La foto di rito è d'obbligo. Siamo belli, no?
Manca qualcuno? E sì, infatti gli altri due diavoli Nic&Melk si sono messi in modalità "De Noia/energy saving/nun me rompe li/ me devo gustà il paesaggio" e li incontriamo nuovamente al bivio verso Castel del Monte. Proseguiamo sull'altopiano in direzione di Santo Stefano di Sessanio, uno dei borghi più belli d'Italia
e giù in discesa verso prati coloratissimi di papaveri. A questo punto si fa strada qualche problemino circa il treno da riprendere per tornare a Roma. Ce la faranno i nostri eroi ad arrivare a Tagliacozzo alle 16.25? Questo treno è imperdibile per alcuni di noi causa mazzate di mogli, presentazioni di gite al CAI, etc...
Controlliamo brevemente i treni anche da Celano per cercare di tagliare qualche chilometro. L'unico treno è quello delle 16:00 appunto dalla Marsica, ma c'è un però, anzi c'è una salita di mezzo e un passo situato a 1383 metri s.l.m. che ci porterà sull'Altopiano delle Rocche. Io, Dorizio e Melk ci avvantaggiamo e Nic resta    qualche chilometro indietro. Riscendiamo verso L'Aquila, tagliamo per Onna e iniziamo la salita della Val D'Ocre tagliando per Cavalletto d'Ocre. Fa caldo e la salita diventa dura dura finchè la spuntiamo alle 15:00 ora alla quale ci affacciamo sull'Altopiano delle Rocche dopo 23km. Abbiamo ancora un'ora per completare gli ultimi 30km fino a Celano. L'Altopiano è un saliscendi a tratti duro anche per il vento contro, passiamo Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Rovere, quando accade l'inaspettato...il giovane Nic Regional Sales Manager ci supera in una Panda blu con la Pinarello attaccata al finestrino gridando "ma davvero credevate che ce l'avrei fatta? Ma voi siete matti/scemi". Increduli e felici al tempo stesso perché Nic farà ritorno sul nostro stesso treno ci ricompattiamo verso Ovindoli e ci incontriamo al termine della discesa di Celano alle 15:45, just in time felici come dei bimbi e bruciati dal sole.

Alla prossima,
Antonello Uran Uran

Roma - L'Aquila (aller/retour quasi)

Il ritrovo diavolo stavolta è alle 7:45 alla pasticceria gelateria cornetteria Angolo Russo a piazza Sempione e all'appuntamento sono presenti il sottoscritto, er Delfino de Pietralata (ex Derfino de Guidonia), Melk Canyon munito, Dorizio con la sua Ciocc e Nic con l'immancabile Pinarello. Cornetto e cappuccino e via sulla Nomentana chicaneggiando tra buche e dossi dovuti alle radici dei pini centenari. Melk decide subito di far cadere i suoi occhiali da sole e scopriamo subito che è il pretesto per fare un pò di shopping presso i cinesi/cingalesi/vietnamensi di Fonte Nuova. Trovati finalmente il paio che fanno al caso suo e lo rendono un gran fico (non che prima non lo fosse ndr.) ci allontaniamo da Roma e raggiungiamo Mentana per poi continuare in direzione Rieti via Salaria. Il delfino, pretestuosamente, adducendo il fatto di non essersi potuto allenare in Finlandia causa freddo e neve (allora Oltre a Torino che dovrebbe dire?) ci accompagna per una sessantina di chilometri per poi tornare in città. Lo salutiamo con pizza e cocacola V.I.P.

Raggiungiamo agevolmente Rieti e poi Androdoco dove con Dorizio ci riproponiamo di ritornare per cancellare la scritta DVX dalla montagna magari seminando della cannabis infestante. Iniziamo la salita sulla statale dell'Appennino Abruzzese costeggiando una linea ferroviaria.                                                                                                                                   



 A Sella di Corno incontriamo gli altri ciclisti che si stanno dirigendo verso L'Aquila per il concerto del palco a pedali dei Tetes de bois nell'ambito dell'iniziativa "Transumanza a pedali". Analogamente c'è gente che sta arrivando dall'Emilia a piedi. Dopo Castello di Corso si incontra il cartello di confine di regione e l'Aquila dopo Scoppito e Coppito è alle porte.
Ci ritroviamo tutti insieme alla stazione de L'Aquila, rapida visita alle 99 cannelle restaurate e poi su tra le strade del centro ancora tutte puntellate e abbandonate. Ciò che vediamo ci fa male e speriamo che un giorno la città possa essere ricostruita come si deve. 
È con questo spirito che pedaleremo dopo cena al concerto. Proprio così, 100 bici produrranno l'energia per alimentare il palco. Pedal a watt si chiamano così questi "rulli" modificati con la dinamo al posto del classico magnete. Aggiungi tre inverter e due grandi accumulatori ed il gioco è fatto. E' come un grande impianto fotovoltaico.
I diavoli però dopo aver preso possesso dell'albergo del Castello e aver fatto il bucato cedono al richiamo della fame dopo i 160km da Roma. Il posto per cenare viene scelto con cura e ci andiamo direttamente in bici. Tris di primi (pasta alla pecorara, alla cicoria e fregnacce al sugo) e agnello alla grigla condito da un ottimo vino rosso del teramano (http://www.ristorantelarupe.info). Niente dolce perché i rulli ci attendono. Pedaliamo per oltre due ore in piazza Duomo producendo circa 200W/h a bici con qualche side effect: a me si consuma spropositatamente il copertone e a Dorizio scoppia la camera d'aria e si lesiona il copertone Vittoria Rubino PRO.
Andrea Satta e il Banco del Mutuo Soccorso ci regalano un bellissimo concerto e finiamo sul servizio del TG3, bella storia e un pò di visibilità nazionale del Diavolo Rosso (http://www.youtube.com/watch?v=6JCBGdyiQcc).
Domani è un altro giorno e Campo Imperatore ci attende.

Antonello Uran Uran

PS: Mi sto facendo portavoce inoltre di una petizione per aiutare Melk a rimuovere il pararaggi/paracatena o come lo volete chiamare voi. Votate diavoli votate!
https://www.change.org/it/petizioni/melk-eliminare-il-disco-di-plastica-che-eviti-che-la-catena-finisca-nei-raggi

sabato 1 giugno 2013

Tre diavoli al giro 3

Dopo la discesa a cannone di ieri verso Dobbiaco devo confessarvi di aver passato buoni venti minuti sotto la doccia calda perchè ero leggermente congelato, i francesi per questo hanno un aggettivo che rende l'idea, "frigorifié". Attendo i miei amici Claudio ed Elvio che sono saliti all'Auronzo a piedi come da tradizione (l'anno scorso si sono scalati tutto lo Stelvio da Bormio, 27km ndr.) e recuperiamo gli altri diavoli a Villabassa per un cenino di tutto rispetto (con annessa finale champions League): Tris di canederli, Spätzle di spinaci e tagliate di manzo condite da un ottimo Gewürztraminer.
La mattina, dopo una lautissima colazione alla Pension Frieda, raggiungo il Dorizio e il Fabio :) per la pedalata verso Bolzano. Indomito svesto il pantalone lungo invernale da colombiano (e non da trans-colombiano) e mi presento in calzoncini estivi diavoli visto che splende il sole e alle 8:00 ci sono già 7°C, UAO!
Ci dirigiamo con ciclabili spettacolari (appena sterrate in qualche caso) verso Brunico, il tutto è segnalato perfettamente con insegne in ogni dove, sono segnalate perfino le deviazioni/Baustelle come a Roma! Passiamo sotto il Plan de Corones imbiancato dalle nevicate dei giorni scorsi e mi verrebbe voglia di prendere pelli e sci e salire, ma non posso abbandonare i miei amici e poi stasera abbiamo un treno da prendere per rientrare a Roma.
Abbandono questi pensieri e pedaliamo a testa bassa nell'Ennerberg senza svoltare però verso San Vigilio, la nostra destinazione è infatti la Val Badia e la Val Gardena. C'è però un passo di mezzo come ci ricorda la strada che inizia a salire, La Villa, Corvara e Colfosco sono deserti e penso che questi periodi sono i più belli per
visitare queste montagne.




La pista Gran Risa di coppa del mondo sembra appena battuta, qua e la passano auto con sci Skitrab sul tetto, sono gli scialpinisti che approfittano di questa polvere bellissima. La salita al passo Gardena è facile, ma arrivano folate di vento gelido dai 2119 metri e un thé caldo è d'obbligo prima della discesa. Becchiamo alcuni inglesi che si cimentano nel giro dei quattro passi con carro scopa al seguito. Al passo i muri di neve fanno paura anche perché siamo a fine maggio e ci si prepara alla discesa indossando rigorosamente la sacca bici afgana di Mahdi sul petto al posto della gazzetta che si usava una volta. (Grazie Mahdi, mi hai salvato la vita! ndr.)
In un battibaleno siamo in valle, Selva, Santa Cristina e Ortisei passano veloci e dato l'anticipo sulla tabella di marcia mi piacerebbe salire all'Altopiano di Siusi, ma il Dorizio, che non ne vuole sentir parlare tira dritto a tutti gli incroci e ben presto siamo sulla ciclabile del Brennero a Ponte Gardena (penso Compatsch, Fiè allo Sciliar ci vediamo la prossima volta!). Ricordo di aver fatto questa discesa già altre volte, l'ultima con Nic un paio di anni fà dopo il Sella Ronda bike day. La ciclabile del Brennero è bellissima, segue il percorso della vecchia ferrovia attraversando meleti e vigne ed è percorsa, oltre che da famigliole italiane, da tedeschi e austriaci che lasciano le loro Audi/Bmw/Mercedes/Porsche in patria e scendono in Italia fino al lago di Garda con borse Ortileb pienissime. Dopo Prato Isarco e Cardano (e non Cardarello) arriviamo a Bolzano alle 15:30 dove è in corso il Südtiroler  Genussfestival ovvero il festival del gusto e dove taglieri di speck salumi e formaggi sono su ogni tavolo. Caffettino e via a smontare le bici, ma dimentico di fare la sgommata in stazione come da tradizione. Il treno alle 17 in punto parte, peccato stavolta niente notturnone pensa Fabio, ma anche l'ES comunque va bene. Il treno è spettacolare e alle 21:35 siamo a Roma Termini. Prendendo i posti singoli di fine vagone si può avere la bici al proprio fianco e si può tranquillamente leggere il giornale!
Con un'operazione di marketing questo treno si potrebbe rinominare Dolomiti express, ma si sa l'Italia non è una repubblica fondata sul turismo. Moretti daje!

Antonello Uran Uran

giovedì 30 maggio 2013

tre diavoli al giro 2

Sabato ci svegliamo con un sole incoraggiante, neve sui prati di Villabassa, la giornata ideale per sciare.....ah, no, siamo qui per il Giro. La colazione è abbondante, il menu ciclistico del giorno prevede il recupero di Anto a San Candido, la salita al passo di Santa Croce Comelico (ma chiamamolo Kreuzberg che fa più figo), il tuffo verso Auronzo di Cadore e una lunga risalita verso il Lago di Misurina e le Drei Zinnen dove arriverà la tappa, pesantemente tagliata per neve (addio al Giau soprattutto) Tabella di marcia apparentemente tranquilla, abbiamo una settantina di km verso Misurina dai nostri calcoli approssimati: ciclabile tranquilla fino a San Candido, fotina in piazza, salita verso Sexten: via via che saliamo il cielo si oscura, quando la salita inizia a farsi seria ci troviamo in mezzo a una nevicata, neve ai lati della strada e temperatura in brusco calo. Non ci lasciamo intimorire e affrontiamo con calma la prima asperità di giornata, in un silenzio quasi irreale: passa qualche macchina diretta a Dobbiaco, quasi nessuno dalla nostra parte. Al passo ci fotografa un turista berlinese, scherziamo sul bel sole italiano e ci lanciamo prudentemente in una discesa ripida e tortuosa nel bosco. La neve, una cascata al lato della strada, l'atmosfera irreale per una pedalata di fine maggio ci incoraggiano a scendere piano. Raggiungiamo Palode, Melk in pieno trip positivo inizia a parlare di quanto qui i ciclisti siano rispettati, evocando l'ira del dio degli automobilisti stronzi: 30 secondi dopo una rinco svolta last minute su una laterale tagliando la strada ad Anto e urtandogli la ruota: per fortuna niente caduta e nessun danno ma per la prima volta in 6 anni vedo "Gandhi" Anto incazzarsi e lanciarsi in un infruttuoso inseguimento ("volevo solo farle capire che poteva sbilanciarmi, dirà successivamente").  Surprise surprise, il Cadore ci offre, solamente per noi, il passo S.Antonio, sfuggito al nostro occhio ebbro mentre studiavamo il percorso a tavola su una mappa 1:1.000.000. Passetto solo apparentemente innocuo, con un paio di drittoni al 10 % e rotti che affrontiamo con tranquillità: sto iniziando a ricordare dettagli sulla mia unica salita (in mtb) alle Tre Cime e uno storico resoconto del Gallus con sviluppi metrici del 34*28 soste tecniche e gel ad assorbimento rapido come unica tecnica per arrivare vivi in vetta: nel dubbio, risparmiamo le forze. Al passo, sguardo al Lago di S.Anna e tuffo verso gli 850 m di Auronzo di Cadore. Le cime innevate si specchiano nel lago, cerchiamo un baretto panoramico ma ripieghiamo su un'accogliente paninoteca del centro con ottima selezione musicale di classic rock: cioccolata calda e panino, un caffè e ci riavviamo con calma. Ci aspettano 900 m di salita fino al lago di Misurina e poi, se il tempo regge, la battaglia per salire alle Tre Cime. Anto realizza che ce la siamo presa troppo calma, sbaglia il conteggio dei km e decide che il tempo stringe piantando un ritmo sostenuto in salita: andiamo insieme per qualche km, poi con Melk decidiamo di andare più tranquilli. Per strada non c'è quasi nessuno, poi addirittura la polizia blocca le auto (si sale solo con le navette) e abbiamo la strada tutta per noi. Passiamo nel bosco accanto a montagne meravigliose su una strada tutta per noi: irreale ed emozionante, se non fosse per qualche drittone al 12%. Intanto il tempo peggiora rapidamente e inizia a nevischiare, affrontiamo qualche tornante ed entriamo sul percorso di gara al bivio per Misurina: lo scenario cambia, per 2 km siamo in salita di nuovo con la neve a bordo strada, i primi tifosi e altri ciclisti che stanno salendo da Dobbiaco o Cortina senza essersi girati come noi mezzo Cadore. Arriviamo rapidamente al lago e piombiamo in uno scenario in parte fantastico, con il lago, l'albergo di fine 800 e le cime innevate, in parte da fiera paesana: c'è un pieno di spettatori, camper, qualche stand, altoparlanti. Ci sorpassa la carovana del giro, una sequela di maxisuv pubblicitari con reggaccio a palla, più indicato per un festone in spiaggia che per la tormenta che ormai infuria. Superiamo in qualche modo l'ingorgo di mezzi curiosi e animatori e attacchiamo la salita, nel primo tratto duro ma affrontabile: il problema è trovare spazio tra chi sale a piedi, chi sta bivaccando attaccato a boccione di vino da 5 l. La strada rimane pulita, l'unico problema adesso è superare la salita: il piccolo dettaglio del 39 25 non mi lascia tranquillo, ci guardiamo con Melk e decidiamo di andare ognuno del suo, sarà una lotta: il primo tratto di 2 km è duro ma fattibile, qualche battuta di incoraggiamento, qualche invito a usare le energie per trombare (rispondo col classicissimo "tu sorella" e continuo a spingere). Riesco a scambiare 2 battute con un ciclista inglese e il suo amico neozelandese, entusiasti dello spettacolo e quasi contenti della tregenda di neve che ci sta cadendo addosso: se portiamo la pelle in cima sarà qualcosa da raccontare: eccoci al tratto di discesa, ultima occasione per rifiatare, poi iniziano i 3 km più difficili: l'inglese e il kiwi scelgono lo stop and go, 100/200 metri a tutta e poi una sosta, scelgo di spingere da seduto con qualche rilancio sui pedali. C'è sempre più gente ai lati, un genio decide di darmi una spinta decisamente maldestra e mi sbilancia, smanaccio e rilancio per tenermi in piedi: sono al limite, sto reggendo per orgoglio e basta, vorrei una compact e un pignone da 28: il riferimento ogni 100 metri aiuta, ai 2 km la strada si impenna ancora di più e la neve aumenta: i riferimenti diventano l'alpino a lato strada, il botteghino più avanti: becco una spinta buona per un paio di metri, poi il tipo mi dice che si sta preparando per spingere Cavendish: 1 km, l'ultimo, le curve e sempre più gente, sorpasso l'inglese e il neozelandese fermi a rifiatare, spingo ancora, 300 m e l'ultima curva, ci siamo, è fatta,siamo in cima. Raggiungo Anto dietro le transenne, mi copro e ascoltiamo gli aggiornamenti degli speaker da radiocorsa: la fuga si sta sciogliendo, Capecchi avanti e poi Pirazzi e Weening, stanno imboccando la salita, il gruppo maglia rosa rimpicciolisce. Poi il momento che tutti attendevano: Nibali scatta, impazziamo tutti, annunciano i 20 secondi di vantaggio, arrivano le auto dell'organizzazione, poi dalla tormenta spunta lo Squalo in maglia rosa, sta spingendo ancora, ci passa accanto rilancia e va a trionfare. I 19 secondi che da al bambino Duarte sembrano eterni. C'è un incoraggiamento per tutti, piu caldo per Scarponi che resiste al gelo e per Evans che si e difeso a mozzichi, per Pozzovivo con una vistosa benda, per i gruppetti che arrivano alla spicciolata, coi velocisti spinti per dal pubblico fino alle transenne. Sacha Modo lo sale per ultimo col mio stesso stile, sembra finito con l'ammiraglia accanto a sostenerlo, ma domani sarà l'unico a impensierire Caveman a Brescia.
Rientro alla "centomila borracce di ghiaccio" della discesa, con migliaia di persone che scendono nella nevicata per 10 km, le bici che non frenano, mani gelate, Anto col caffè del soccorso alpino e Melk rifugiato in un bar al lago di Landro e un vov caldo con la panna: e stato bello ed emozionante esserci, domani si pedala ancora.

Tre diavoli al Giro

3 giorni attaccati ai siti meteo, deliri su whatsapp per scegliere bagagli vestiario ed equipaggiamento, l'attesa della partenza come quando da ragazzino partivi per il campeggio, alle 10 di sera siamo a Termini: smontiamo le bici e le impacchetttiamo nelle sacche da viaggio testè cucite dal nostro sarto di fiducia, saliamo a bordo e cerchiamo una sistemazione. La situazione sembra critica ma un controllore ci salva, dandoci uno scompartimento dove chiuderle. Lo benediciamo e ci prepariamo alla lunga notte per Bolzano, con 2 compagni improbabili, gente che vale il biglietto. Un pischello con bici a 2 piani che ci introdurrà alla vita e al market model della giocoleria di strada, prima di essere espulso quando prova a estrarre un improbabile basso a 3 corde, un culturista molisano in viaggio per comprare auto da rivendere al paese, preoccupatissimo per una storia tesa di autovelox a Valmontone. Mentre Anto aka il fachiro Casimiro si immerge in 8 ore filate di sonno profondo, io e Melk dormiamo a intervalli sognando lussuosi wagon lits Bolzano/Bozen: stazione linda, cielo coperto, rimontiamo con calma le ruote, arrotoliamo le sacche, seguiamo la ciclabile per Piazza Walther e ci concediamo una lauta colazione allo Stadt Cafe di Piazza Walther. Poi si parte, ciclabile direzione Merano, qualche dubbio ai primi bivi (troppe ciclabili...), poi inizia a piovere con serietà tirolese: pedaliamo lungo l'Adige con un pò di preoccupazione, le previsioni più fosche sembrano avverarsi, abbiamo ogni possibile antipioggia ma....riusciamo a martoriarci per un'ora, poi rallenta e smette, proseguiamo di buona lena lungo il fiume e raggiungiamo Merano. Il cielo sulle montagne è preoccupante, ma ormai ci siamo, imbocchiamo la Val Venosta: cic labile perfetta, segnalazioni di dislivelli e tornanti numerati, anche col maltempo gruppi di cicloturisti stranieri attrezzatissimi scendono verso Sud. Sembra che siamo gli unici a salire: ci aspettano una trentina di km verso Silandro, poi si attacca la Val Martello. Le montagne intorno sono spettacolari, ci supera un gruppetto di ciclisti scesi da un camper, poi ne incrociamo un altro che ci da la notizia: tappa annullata, il Tonale impraticabile. Meglio, vuoi mettere arrivare dove il Giro non è riuscito ad arrivare? All'attacco della valle c'è l'albergo della Lampre: i ciclisti sono dentro a fare i rulli,solo Stortoni esce a farsi una sgambata, i meccanici lavorano, un gruppetto di appassionati curiosa: sono gentilissimi, Fabrizio Bontempi ci regala le borracce di te caldo che avevano preparato per la tappa, Saronni si ferma a fare una foto con noi e ci spiega le modifiche al tracciato di domani. Ormai ci siamo, decidiamo di salire finchè la strada è praticabile. La salita è dura ma irregolare, farla con i bagagli non è il massimo ma saliamo tranquillamente: sulla strada solo qualche macchina dell'organizzazione e qualche ciclista che scende, a lato strada campi e 2 alpaca Quando inizia a nevicare decidiamo di continuare, l'atmosfera è irreale, il Cevedale è li vicino ma non lo vediamo: di arrivare in cima non se ne parla (sono 21 km, all'ottavo è già bufera) Vorremmo arrivare al lago ma ci fermiamo ai primi paravalanghe, qualche foto che agevoliamo qui al nostro gradito pubblico, fiatate calde nei guanti e giù a palla di cannone verso la valle e Merano: aribici nelle sacche, treno di pendolari fino alla Val Pusteria, domani è un'altro giorno, tocca alle Dreizinnen